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SU E GIU PER BEVERLY HILLS
(DOWN AND OUT IN BEVERLY HILLS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 novembre 1986
 
di Paul Mazurski, con Nick Nolte, Bette Midler, Richard Dreyfuss (Stati Uniti, 1986)
 
Senza scomodare l'angelo pasoliniano di Teorema, quante volte abbiamo vissuto sullo schermo la vicenda del visitatore che giunge a perturbare l'ordine familiare?

Mazurski, che ci ha fatto credere a lungo di essere un rinnovatore del giovane cinema americano (Next stop Greenwich Village) introduce un vagabondo (Nick Nolte) nella villa superaccessoriata di un re dei fabbricanti di appendiabiti. La moglie (Bette Midler) non fa un passo senza il guru personale. Il figlio si dedica agli audiovisivi, e fonda un'orchestrina di androgini. La figlia studia psicologia, ma inciampa nell'anoressia. E persino il cane viene curato da un'analista che si sforza di ridargli l'appetito.

Il tutto, di questa ennesima rimessa in questione dell'American Way of Life, si situa nell'universo ipersofisticato di Beverly Hills: tra Rolls bianche per cantanti neri e cantanti messicani per arredamenti bianchi, Su e giù per Beverly Hills non è privo di battute azzeccate e di situazioni divertenti.

Potrebbe anche bastare: sennonché Mazurski non è uno privo di ambizioni. Nel caso ci fosse sfuggito, ci pensa costantemente il regista a farci comprendere che siamo nel campo della critica sociale. E del remake di lusso: perché il suo film è il rifacimento, ma ancor di più l'omaggio, a Boudu sauvé des eaux.

Certe cose è meglio non dirle: visto così, senza troppe pretese, questo Beverly Hills fila via tranquillo. Visto come riferimento 1986 al capolavoro di Renoir del 1932, visto come lo sconvolgimento del mondo piccolo-borghese (qui, upper-class americana) ad opera dell'intrusione anarchico-poetica, la cosa cambia.

Michel Simon, e la sua mitica interpretazione era meglio lasciarla alle cineteche: se non grande, si poteva presumere Mazurski perlomeno furbo.


   Il film in Internet (Google)

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